Un modo diverso di metterci nei giochi della vita, accanto agli alberi, in una “botanica estemporanea” offerta dal paesaggio vegetale urbano, per un’idea di convivenza che origina dall’attenzione e dall’immaginazione così come viene indotta dai luoghi al ritmo dei passi di una camminata in città. Gli alberi allora prima di tutto come fonte di immaginazione e la botanica estemporanea si autodefinisce nell’esclamazione: “sembra un giardino!”.
I paesaggi pedonali – walkscapes – sono molto meno banali di quanto si pensi. Qui si può attivare quella “spiritualità di cura” (T. Morton) verso gli oggetti comuni del mondo, non solo verso le parti ritenute più gradevoli, ma anche verso i luoghi marginali, dove possiamo imparare ad assumerci maggiori responsabilità, magari anche costruendo un’estetica interessante.
Pensare ad un tipo di cura che potrebbe curarci dall’idea che abbiamo di controllo; ciò potrebbe mostrarci che facciamo parte di una vasta rete convoluta di entità che si conoscono, ma senza dissipare il loro mistero.
Qualcuno ritiene già che questa strana forma di cura onnidirezionale e misteriosa potrebbe salvarci come umanità e, al contempo, salvarci per esempio, dalla presunzione di voler salvare il pianeta.
Capiremo così che non ci può essere nessuna “pacifica” convivenza tra cittadini ed alberi urbani senza un patto sociale orientato al raggiungimento di un accordo implicito, basato su concezioni fondate sulla biofilia e una nuova interdipendenza interspecifica.