Parlando di erba e riferendomi a come questa va formando praterie, prati e pascoli, non ho potuto fare a meno che affiancarvi il sostantivo “convitato”, nel senso che si dà correntemente alla locuzione “convitato di pietra”, definita come “presenza invisibile ed inquietante conosciuta da tutti e che nessuno nomina per timore”.
Secondo il Piano Paesaggistico Territoriale Regionale (PPTR) della Puglia si definiscono “Prati e Pascoli naturali tutti i pascoli secondari sia emicriptofitici sia terofitici (di piante erbacee perenni ed annuali, rispettivamente) diffusi in tutto il territorio regionale principalmente su substrati calcarei, caratterizzati da grande varietà floristica, variabilità delle formazioni e frammentazione spaziale elevata”.
Tali “prati e pascoli” costituiscono formazioni vegetazionali che nel loro complesso sono considerate neglette, infatti il loro aspetto macroscopico risulta, ai più, poco “simpatico” pur essendo sorprendentemente biodiversi come pochi altri habitat. Da qui la necessità di tutelarli in quanto a maggior rischio di alterazione e/o distruzione.
Durante un convegno di presentazione del Piano Urbanistico Generale (PUG) del mio paese, una signora faceva presente come avesse avuto il proprio “fondo danneggiato” dalla presenza di vincoli data la presenza di tali formazioni vegetali e di come non fosse affatto giusto perdere la possibilità di edificarvici sopra.
In un territorio quasi completamente trasformato, prima dall’intraprendenza millenaria del “popolo di formiche” e poi della furia edificatoria del boom economico, per una indecifrabile casistica combinatoria di storia e geografia, scampoli-scampati di territorio presentano ancora una qual certa naturalità e purtuttavia nella loro esile-esiguità gli viene mossa l’accusa di danneggiare, di usurpare il pieno dominio, il proprio suppostamente pieno ius aedificandi. Inoltre per colmo di ironia sarebbe penalizzato proprio chi avrebbe maggiormente consentito (anche suo malgrado) tale convivenza vegetazionale.
Ci si potrebbe chiedere cosa ne sia della nozione di paesaggio senza la possibilità che questo si dispieghi in contesti estesi dove abbia diritto di spaziare – anche – la vita spontanea delle associazioni (cenosi) di piante ed animali?
Coloni umani decidono, votano, occupano territori, nella migliore tradizione della immarcescibile idea eccezionalismo umano. La chiamiamo pianificazione, questa occupazione unilaterale di territori su cui non si ammette la convivenza neppure di una parte della sua espressione.
Habitat s. m. [verbo lat., 3a pers. sing. del pres. indic. di habitare «abitare» (quindi propriam. «esso abita»)]. In biologia, l’insieme delle condizioni ambientali in cui vive una determinata specie di animali o di piante. Restrittivamente, in botanica, l’area nella quale una pianta trova le condizioni ambientali favorevoli al suo sviluppo. Estensivamente, condizioni generali di un insediamento urbano, e il complesso delle strutture, naturali e artificiali, che lo caratterizzano.
Restrittivamente o estensivamente sempre di abitare si tratta, cosa fare quindi di te prateria? Flora composita, tra le più varie, presenza invisibile ed inquietante, convitato di erba!