Cingere un perimetro, con un nastro e quattro paletti, formare un poligono sul terreno, determinare le specie botaniche presenti, valutarne l’abbondanza.
Forse un altro modo di creare giardini è quello di constatarne l’esistenza rimarcando confini effimeri.
Qui vige l’idea di una momentanea attenzione, giusto il tempo di caratterizzare botanicamente un dispositivo vegetale concluso di spazio.
Una lista di specie e di numeri affianco a indicare la quantità.
Quanti significati dietro questi censimenti di piante.
Le vegetazioni che ne risultano sono un’espressione della verità ecologica di quel luogo.
Verità da scoprire, di cui portiamo a casa solo talune apparenze.
Le comunità vegetali ci inviano messaggi innumerevoli a cui diamo un solo significato botanico.
Si schiudono vaste praterie per una nuova antropologia se cominciamo a ritenere che le vegetazioni pensano. Ma in che modo pensano?
Aleggiano fitocenosi di pensieri decentrati in cui una labiata accostata ad una composita e ad una graminacea, formano le scene di un cinema all’aperto. Interpretano relazioni più ampia di quella di cose catalogate da una mente.
In questo altrove c’è anche un movimento verso un’apertura emozionale e sensibile che va a costituire un mandala vegetale, referente senza un solo senso a cui però non rinunciamo mai a dare i nostri significati.