“Il visibile è sempre il già visto, il dicibile è sempre il già detto. La scrittura ci riavvicina alle riserve di cose che erano già là nel nostro orizzonte, prima di noi. E d’ora in poi noi possiamo anche vivere senza nuove visioni del mondo.”* (Gianni Celati nella sua Bologna)
Poco avanti mi precede un signore con cane al guinzaglio. Penso quanto la visione da cani sia quella più adatta a visitare un parco urbano. Vista corta e olfatto lungo generano vasti paesaggi olfattivi dove gli occhi si orientano per l’effetto della distinzione fondamentale tra ombre e luci che guidano i cani in mondi paralleli a quelli dei loro padroni.
Crediamo che i progetti di parchi modellino spazi solo per le persone. Tracce odorose orientano percorsi da un albero all’altro. Tra gli arbusti fioriti si nascondono, tra le minute foglie, molecole più attraenti di quelle emanate dai loro fiori. Configurazioni mentali evanescenti sovrapposte di paesaggi rasoterra percepiti da altre vite animali. Il prato è un tutto incompreso, erbario sparso che non fiorisce mai, in rassegnata attesa del prossimo ineluttabile sfalcio.