Ambiente strano di chenopodiacee alofile* che cavalcano onde fossili di polveri di gusci di un cimitero marino.
Metafora fitogeografica di un mesocosmo di botanica parallela immaginaria e percepibile. Flora di un pianeta costiero. Piante entità specializzate che hanno filia per l’intensa concentrazione salina portata dagli sbuffi marini di libeccio. Entità soprattutto preparate a farsi beffe della forza congiunta e disidratante del sole e del sale.
Al declinare meridiano, controluce davanti, si rivelano giochi cromatici di basse acrobazie osmotiche.
Trovarsi pronti in mezzo al tessuto iridescente, farsi eccitare i sensi mentre volge la sera, è quasi un miracolo.
Appurato che non esiste più un <altrove>, non rimane che progettare spazi aperti secondo uno stile paesaggistico dark (sensu T. Morton, Hyperobjects, 2013) che prenda le mosse dalla nostra coesistenza con le strutture che abbiamo creato e i luoghi che abbiamo trasformato.
*Chenopodiaceae: Atriplex portulacoides, Arthrocnemum macrostachyum, Suaeda vera, ecc.