Le chiamiamo concatenazione di eventi solo quando le situazioni fuoriescono dalle nostre previsioni, ma quando mai l’esistenza non è una concatenazione di eventi? Domenica luminosa di ottobre, arrivo ritardato, perso bus causa traffico sulla tangenziale, cerco alternativa, ma sciopero dei treni, prenoto erroneamente un nuovo biglietto, perso! Monta una fitta nebbia mentale, segue attesa lunghissima al tavolino del bar della stazione dei bus. Saluto di sfuggita il poeta Franco Arminio che si disperde subito dopo nella foresta di arti umani che ondeggiano nell’area del terminal.
Conosco Nicastro di Venafro, un diciottenne liceale in tuta e trolley che fuma sigaretta elettronica, rientra dopo fine settimana dalla fidanzata, ha perso anche lui la coincidenza per il paese. Ci sentiamo subito compagni di sventura, chiacchieriamo e io non ce la faccio proprio a rinunciare, poco dopo, a dispensare i miei generosi saggi consigli di vita sana.
Davanti in lontananza emerge dalle chiome fitte dei lecci un edificio moderno dalle finestre illuminate. Mi perdo a pensare agli antichi boschi sacri di leccio. Mi ricordo scolasticamente che i Romani davano ai boschi sacri il nome latino di Lucus (o Nemus) distinguendoli dai boschi privi di valore sacrale che venivano chiamati Silva.
Intanto Nicastro mi saluta, è in partenza. Ritorno a divagare su altre “antichità”, forse l’effetto della cogente nera melancolia. In particolare rifletto sulle conseguenze della teoria antica del clinamen. Mi incuriosiva, il come e da dove abbia avuto inizio quella piccola sventura che stavo vivendo, da quale declinazione atomica, che silentemente mi stava portando fuori dal comfort delle mia organizzazione, comoda e precise al minuto secondo…
Mi tocca prenderla con filosofia, colgo l’opportunità rara di una esposizione all’imprevisto che mi porta a guardare, a lungo, senza i diaframmi sensoriali della fretta, finalmente, il luogo che mi circonda.