La scrittura così come la progettazione di uno spazio aperto sono forme di organizzazione del pensiero per tentare di estrarre il cosmos dal caos che ci circonda.
Nel far ciò ci può essere un’esattezza pedante quella del diritto e della categorizzazione e una esattezza fantastica che è l’atteggiamento di chi osserva le cose non per portarle ad una regola o ad una categoria ma al contrario per fare emergere quel che sfugge alle regole e alle categorie.
È un’esattezza che viene fuori dall’osservazione intensa di una cosa, ma tanto più intensa ed esatta è l’osservazione, tanto meno coerente, e più ambivalente appare ciò che viene descritto.
Ogni elemento, ogni fatto è maggiore della somma delle parti che lo compone ma con tecniche di scomposizione non si può comunque comprendere molto.
Le ambivalenze, insopportabili ai deterministi, dicono che niente è univoco e anche che, perciò, tutto può essere cambiato.
Analizzare un oggetto da diversi punti di vista rinunciando di afferrarlo del tutto per non trasformarlo in un concetto. Trasformare un oggetto in concetto è, come diceva Robert Musil, quel che fa il pensiero razioide.
Quel pensiero che fa valere solo quel che è solido, certo, classificabile, riportabile a categorie già note.
Che quindi cancella e dichiara inesistente quello che invece calcolabile non è.
La poesia, una modalità non razioide del pensiero, segue l’incalcolabile e si sforza di “dire cose che non si lasciano dire” nella speranza che quel che oggi appare indeterminato, un giorno possa divenire chiaro, comprensibile, una sorta di utopia in cui la cosiddetta realtà può essere sempre cambiata.
Anche per trasformare gli spazi dobbiamo prima vederci bene, tenendoci aperti, anche se ciò può essere assai faticoso.
Esuberanti grovigli di Tyrimnus leucographus (L.) Cass. e Convolvulus althaeoides L.