Le due grandi querce vallonea* appena fuori la periferia sud, se ne stavano lì come sempre, ma in questa stagione, ancora spoglie, si mostravano nella loro più compiuta organizzazione rameale.
Questo è il periodo degli asparagi selvatici** che sotto le loro chiome ora abbondano di teneri turioni. Sto scoprendo che si lasciano vedere ognuno in base a determinate fasce orarie, come se la loro snella silhouette si rendesse visibile solo ad una data angolazione, frequenza e lunghezza d’onda della luce solare. Cosi passando e ripassando solo dopo pochi minuti dallo stesso posto se ne possono scorgere a ripetizione, altri e altri ancora.
Mi è venuto di pensare anche che andare per asparagi è un po’ come andare a pescare. Ad ogni passata dalla stessa buca può abboccare un nuovo pesce. Ma, se è vero che si tratta di piante schive e imprevedibili, ho notato che è come se ci restassero male a rimanere abbandonate anche se solo per una svista. Sono per questo convinto che prima o poi la selezione naturale le doterà di un Verso Sonoro Vegetale che avviserà il raccoglitore della loro presenza.
Mentre rientro cerco di immaginarmelo il suono. Potrà essere un sibilo appena sopra il livello infrasonico, sottile, quasi una smaterializzazione ofidica della loro forma sinuosa.
Nella desolata campagna di questi giorni i turioni teneri e croccanti diventeranno altrettante piante irte e coriacee, fili spinati vegetali che solo a pensarle graffiano le mani.
*Quercus ithaburensis subsp. macrolepis (Kotschy) Hedge & Yalt.
**Asparagus acutifolius L.