Rifugiarsi nei micropaesaggi – San Paolo del Brasile – aprile 2025

A volte i luoghi sono troppo vasti per riuscire a trovarvi un posto dove sentirsi bene.

Arrivare e rimanere in un angolino dell’immenso Brasile per un contrattempo dei voli e così prolungare lo scalo di mezza giornata finendo per avere anche il tempo per litigare con il compagno di viaggio. Stanchezza e nervosismo. Penso che la condizione di tensione sia da attribuire ad uno stato interiore, ad un irrigidimento che rende troppo intollerabile ciò che non è previsto.

Così decido di approfittare della favorevole condizione di forzata irresponsabilità. Quale condizione migliore per arrendersi davanti alla situazione? La sera a cena in hotel faccio conoscenza di un affabile padre agostiniano di origini italiane che non perde l’occasione per enumerarmi le sue numerose esperienze nelle missioni sparse nel mondo. Per me quasi una ninna nanna. Dopo la giornata di trasferimenti estenuanti e lunghe attese è affiorata una stanchezza preludio di sonno facile e profondo come quello dell’infanzia. Il mattino dopo, un altro paesaggio ci avvolge oltre le vetrate della sala da pranzo. Si intravede un verde lussureggiamento tropicale e fin troppo curato per potermi riservare le sorprese che mi piacciono.  Eppure, a saper guardare, anche in un laboratorio di micropropagazione si possono trovare chimere che ravvivano le prospettive del vedere. Qui però, prati perfettamente tosati, alte palme piumose che affiancano il profilo dell’hotel e le esuberanti masse di grandi foglie sono solo una monotona allegoria della non lontana foresta amazzonica.

Di fronte a questa noia della prevedibilità del vedere spero ancora di imbattermi in un qualche guizzo del “genio naturale”, come direbbe Gilles Clement. Non so se crederci, ma la realtà a volte ha bisogno di una fervida immaginazione che la ricrei.

Se il paesaggio è spietatamente prevedibile, dove cercare? Dove rifugiare lo sguardo? Ecco che l’occhio vagando si poggia su un popolamento di epifite* ancorate lungo il tronco di un albero radicato nell’artificioso prato smeraldino. Inaspettati polipetti vegetali fluttuanti nella torrida aria brasiliana mi rinfrancano lo spirito.

Sono contento, pronto ad avviarmi verso i bagagli per riprendere il volo del rientro.

Citando Giorgio Caproni: E ora che avevo cominciato a capire il paesaggio: “Si scende”, dice il capotreno. “È finito il viaggio”.

 

 

*Tillandsia sp.