Il paesaggio del giardino nel paesaggio

Il paesaggio del giardino nel paesaggio

Osservazioni e adattamenti per ripensare il rapporto con il giardino

 

Pensandoci, potrei anche dedicare il giardino alle Euforbie (genere Euphorbia) dato che amo molto questo genere botanico.

Ne ho introdotto le specie più mediterranee come: E. characias, col suo cespuglio arrotondato e svettante dalla deliziosa fioritura color giallo acido perfettamente armonizzata al fogliame grigio-verde; E. myrsinites dall’inconfondibile struttura prostrata di steli recanti una spirale di graziose foglie grigio-azzurre; la leggera E. pinea che forma un folto cespuglietto che ricorda appunto dei pini in miniatura.

Ma la regina di questo genere non poteva che essere l’euforbia arborescente (Euphorbia dendroides), che alligna tra gli antichissimi e impervi calcari del basso Salento, cadenzando le stagioni con una varietà fenologica degna della fantasia di un grande artista. I tondeggianti pulvini in inverno sfoggiano un bel verde luminoso per poi trasformarsi, con la precoce fioritura primaverile, in un’unica semisfera di fiori color zolfo. Segue un singolare fenomeno di estivazione, come adattamento tipico ai climi desertici; le foglie, prima di cadere al suolo esaltando l’affascinante e fitta ramificazione dicotomica completamente spoglia della pianta, assumono le tipiche tinte calde rosse, gialle e marroni dei foliage autunnali.

Durante le mie camminate botaniche per le campagne circostanti ho riempito le mie tasche con i semi di alcune Ombrellifere (Umbelliferae) – un’altra famiglia che molto mi attrae-  per poi diffonderli in giardino.

Ecco come ci sono arrivati alcuni generi annuali come Smyrniume Daucus, altri perenni (Cachrys, Opopanax, Crithmum, Ferula, Apium, Foeniculum) ed il fascinoso arbusto Buplerum fruticosum, dalle fantastiche foglie lanceolate verde azzurre, sormontate in estate da ombrelle giallo zolfo, segnalato nel passato presso il Capo di Leuca, ma non più rinvenuto nell’intera Puglia.

Due piante erbacee perenni, importanti per l’effetto che creano nel periodo fresco di autunno-inverno, sono la Scilla peruviana, una bulbosa di grossa taglia dalla fantastica fioritura azzurra, e l’Acanthus mollis, dalle esuberanti foglie bollose così imitate dall’architettura antica; di entrambe in estate non rimangono che gli organi ipogei, pronti a rigermogliare in autunno per ricominciare un nuovo ciclo vegetativo.

All’ingresso, sul vialetto che conduce a casa, troneggia un grande Pinus halepensis secolare, dalla chioma leggera ed espansa, attraversata dal teso vento salentino che stormisce incessante tra i suoi irti aghi.

Spazio ho riservato anche ad alcuni melograni, tra i miei alberi preferiti, affascinanti nella loro mutevolezza stagionale: dalle piccole foglie rosseggianti in primavera alla gaia fioritura rosso-arancio estiva, alla luminosa chioma gialla in autunno ed, infine, alla spoglia struttura invernale. Vari cipressi piramidali fanno da scuri contrappunti alle lucenti forme espanse e leggere degli olivi, alle masse semisferiche a foglia grigia dei cespugli: un’immagine ed insieme una metafora di un non lontano medio oriente, fatto di cupole e minareti ma, questa volta, vegetali.

Si susseguono, mai uguali, gli scenari del vagabondaggio delle specie annuali (Daucus, Nigella, Crepis, ecc.) e biennali (Vebascum, Salvia), con sempre nuove e sorprendenti combinazioni, a cui, lo ammetto, non avrei mai pensato!

La maggiore parte del lavoro di giardiniere lo faccio fare al giardino stesso, lasciando la natura libera di fare il suo corso. È così nato un luogo a bassa energia di sussidio, una nuova sfida ecologica verso una reale sostenibilità, anche in giardino.

Una piccola riserva in cui poter vedere vivere e riprodursi tanti insetti diversi, piccoli rettili e uccelli che sento cantare felici; un microcosmo ospitale in cui provo a tenere oliata la ruota della biodiversità.

Il mio operare, quasi inconscio, frutto, credo, di una formazione naturalistica, è volto a ricreare habitat (semi)naturali dove gli elementi del paesaggio sono regolati più da energia propria che dall’intervento umano.

L’idea di un giardino resiliente, cioè capace di mantenere un proprio equilibrio, anche formale, con pochissimi imput esterni, è sempre andata di pari passo con la mia ammirazione verso gli ambienti spontanei delle scogliere e delle garighe che nei loro equilibri misurati nascondono anche l’essenza della loro bellezza, povera e affascinate insieme.

Da questo curiosare ho imparato che la caratteristica fondamentale del giardino mediterraneo è il cambiamento.

Dalle fresche rugiade vernine alla caligine estiva, passando attraverso la sfavillante primavera, senza dimenticare il mite autunno dalle calde tinte, mi rendo conto di cosa volesse argutamente dire il grande naturalista salentino Oronzio Gabriele Costa quando affermava che <<la natura di questa provincia (di Lecce) riunisce tutte le stagioni nel medesimo istante e tutti i climi nel medesimo luogo>>.

Questo giardino, così concepito, richiede poco lavoro di cui io stesso mi occupo.

Tutta la biomassa prodotta ritorna al suolo. Questa condotta contribuisce a nutrire lo stuolo di “umili collaboratori” microbici terricoli che, smontando e rimontando la sostanza vegetale, riforniscono di humus questo scarno terreno.

Ma, oltre che a queste virtù ecologiche, il mio impegno è rivolto alla funzione artistica di “rendere visibile” ciò che all’esterno del giardino, nel paesaggio appena fuori, è spesso invisibile allo sguardo dei più.

Sono sempre più persuaso che il giardino contemporaneo non deve più rassomigliare a un giardino, deve piuttosto avere un suo paesaggio.

In una fase storica in cui lo spazio, asservito al mattatoio della produttività e della comodità, è addomesticato secondo idee che copiano se stesse e la dittatura del giardino sul paesaggio dilaga, è ormai doveroso (e non solo virtuoso) dare asilo in giardino ai paesaggi locali.

È un’idea radicalmente contro-giardino che, al punto di sovrasaturazione della banalità a cui siamo giunti, appare tanto inesplorata quanto spendibile.

 

Quando in estate rinsecchiscono le erbacee annuali, strappare questa “paglia” è per me un piacevolissimo gioco di risvelamento, è come far affiorare di nuovo i volumi nascosti di un altorilievo precedentemente abbozzato, come riscoprire l’antica struttura del giardino.

Sorprendendomi dei  cambiamenti, come uno scultore all’opera, riscopro ogni volta un luogo mai uguale ma sempre più simile al mio giardino!